Cristiani oggi, si solamente cristiani.
In questo tempo denso di timori, di paure, di ansie, in questo tempo in cui predomina la sfiducia e la disillusione, riscoprire il messaggio di speranza del Vangelo è una grande gioia che permette di ridare un senso ed uno scopo alla propria vita.
Tornare al Vangelo per riscoprire la buona notizia che Cristo il Salvatore ha portato in questo mondo: “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”.
Nell’amore annunciato dal Vangelo, c’è qualcosa di particolare ed unico per l’uomo, qualcosa che l’uomo non può trovare altrove. L’amore di Dio infatti non è un concetto astratto, l’amore di Dio si è impersonificato nell’esperienza concreta di vita di Gesù Cristo tra gli uomini, nell’esempio di Cristo Gesù.
L’amore di Dio è speranza ed allontana via la paura, l’amore di Dio è vita perché ha vinto la morte , l’amore di Dio è accogliente, è un dono offerto ad ognuno che vuole accettarlo aprendo il suo cuore e la sua mente alla volontà di Dio.
Credere in Dio ed in Cristo Gesù non per seguire una tradizione religiosa, non per appartenere ad istituzione religiosa, ma solo per seguire Cristo, colui che è la Via, la Verità e la Vita.
Semplicemente cristiani per cercare di vivere oggi il messaggio di amore e di speranza del Vangelo, cristiani che camminano insieme come comunità di credenti che ha un'unica guida Cristo Gesù.
L’amore di Cristo è la nostra perla preziosa, la luce che illumina il cammino di ogni giorno, l’amore di Cristo è l’unico compagno di viaggio che rimane e non ci abbandona mai.
Ecco perché ha senso tornare a sentirsi semplicemente cristiani.
“Passando vicino a un piccolo cimitero sono rimasto molto colpito nel vedere i crisantemi, che sono fiori di un giallo intenso, considerati i ‘fiori dei morti’, pronti, immagino, per il 2 novembre, giorno dei morti, giorno in cui in Italia tutti si recano al cimitero. Mi sono fermato a osservare e a riflettere, e la cosa mi ha profondamente turbato. Poi però, dopo qualche minuto di silenzio, mi sono fatto il segno della croce (non si sa mai) e sono ripartito, pensando che in fondo la morte è semplicemente un fatto naturale. Meglio pensare alla vita che alla morte. Lorenzo dei Medici diceva: «Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza». Alla morte ci penserò quando sarò vecchio. Voi cosa ne pensate della morte e della vita?” (68,31).
L’esperienza raccontata dal Lettore con onestà e dovizia di particolari (dal giallo dei fiori al segno della croce), mettendo insieme prosa e poesia, illustra quello che è l’atteggiamento di molti italiani di fronte alla morte. Alla morte non ci si pensa, e molti non credono che esista la vita oltre la morte, però meglio farsi il segno della croce, “non si sa mai”. Il 2 novembre, giorno dei morti, una visita al cimitero è d’obbligo, come fa la maggioranza degli italiani, per deporre un fiore sulla tomba dei propri cari. In fondo il culto dei morti e l’onore verso i defunti erano praticati sin dall’antica Roma. Capisco il ragionamento del Lettore e in parte condivido le sue affermazioni. Amo la vita e non mi piace parlare della morte. Alla morte, purtroppo, ci penso spesso perché faccio continua esperienza della morte degli altri, amici e parenti, vecchi e giovani, neonati e bambini. La giovinezza è bella ed è certo preferibile alla vecchiaia, se non altro per i tanti problemi di salute e le forze che lentamente ci abbandonano. Il giallo dei crisantemi è uno dei miei colori preferiti: a casa ho un quadro, si tratta di una stampa, dei girasoli di Vincent Van Gogh. Conservo ancora una vecchia foto con mia madre che aveva in mano un grande cesto di limoni gialli (di un giallo intenso) raccolti nell’orto. Non mi ritrovo invece nell’avverbio “semplicemente”
La morte non è semplicemente un fatto naturale. La morte è certo anche un fatto naturale. La morte è il comune destino degli uomini; è la sorte che attende tutti gli esseri viventi. Non c’è nessun essere umano (neppure gli animali e i vegetali: alberi, fiori, erba) che non muoia. Ogni essere vivente (non soltanto l’uomo) nasce, cresce, si riproduce e muore. La morte dell’uomo è un dato di esperienza su cui la rivelazione biblica richiama l’attenzione: “Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza.” (Ebrei 9,27). Questo comune destino degli uomini (il fatto che tutti muoiono) mette in evidenza la fragilità dell’esistenza umana, come la stessa Scrittura attesta: “Ecco, tu hai ridotto la mia esistenza alla lunghezza di qualche palmo, la mia durata è come nulla davanti a te; certo, ogni uomo, benché saldo in piedi, non è che vanità.” (Salmo 39,5); “Poiché egli conosce la nostra natura; egli si ricorda che siamo polvere.” (Salmo 103,14); “Che cos'è infatti la vostra vita? Siete un vapore che appare per un istante e poi svanisce.” (Giacomo 4,14). La morte è connessa con la costituzione stessa dell’uomo: essendo polvere, torna alla polvere; essendo tratto dalla terra, torna alla terra. In questo senso possiamo dire che la morte è pure un fatto naturale. Tuttavia la Bibbia pone un legame tra peccato e morte. La morte è la conseguenza del peccato; è il giudizio di Dio sul peccato, come afferma Mosè nel Salmo 90,9-11. È con il peccato di Adamo ed Eva che la morte entra nel mondo (Genesi 2 e 3). L’apostolo Paolo scrive: “Il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Romani 6,23). La ribellione, la disobbedienza, l’empietà, il male sono la via che conduce alla morte: “Così la giustizia conduce alla vita, ma chi va dietro al male si avvia verso la morte.” (Proverbi 11,19). Il peccato è la vera ragione della morte (spirituale e fisica) dell’uomo. Gesù Cristo è l’unica ragione della vita eterna del cristiano.
Morte e vita, vita e morte: entrambe si danno all’uomo in un tempo che egli stesso ignora. Sapere il giorno della propria morte è un dramma per chiunque. Sapere invece che si muore dovrebbe indurci a riflettere sulla bellezza e sul valore della vita, che non va vissuta nella paura della morte, ma nella gioia di credere in Dio. Gesù ci ha liberati dal peccato e dalla paura della morte, “che tiene tutti gli uomini in schiavitù” (Ebrei 2,16). Gesù, che ha vinto la morte con la risurrezione, ci dona la vita.
Paolo Mirabelli